Il laboratorio del Centro Assistenza Ecologica Srl è in grado di svolgere le analisi necessarie per stabilire se siano stati utilizzati acceleranti per favorire la propagazione di un incendio.
Uno degli obiettivi principali della ricerca sulle cause e sull’origine di un incendio è, infatti, determinare se è stato deliberatamente utilizzato un liquido infiammabile per accelerarne la propagazione.
Se si sospetta l’uso di tali liquidi, allora è necessario prelevare diversi campioni dalle aree coinvolte nell’incendio da sottoporre poi alle analisi di un laboratorio competente per accertare la presenza, la distribuzione e l’identità dell’eventuale accelerante.
In genere, i campioni di detriti e di residui che rimangono dopo ogni incendio sono di natura molto complessa dato che contengono una notevole varietà di materiali più o meno combusti.
Nei residui possono essere presenti altri numerosi prodotti organici che rappresentano i componenti naturali del materiale su cui è stato versato l’accelerante, composti pirolizzati che derivano dall’esposizione al calore della combustione di tali materiali, come pure residui di altri liquidi infiammabili che potrebbero non essere stati utilizzati come acceleranti.
In questi casi le caratteristiche dell’accelerante sono spesso mascherate dalla presenza e dall’interferenza di prodotti di pirolisi.
I campioni più comuni contengono materiali come legno, plastiche, polimeri molto diversi tra loro senza considerare il gran numero di altri prodotti che si formano durante la loro combustione.
Gli acceleranti utilizzati più frequentemente sono soprattutto derivati del petrolio (benzina, cherosene, gasolio) facilmente reperibili e disponibili. Si tratta quindi di miscele molto complesse, costituite spesso da 100-200 idrocarburi che hanno sovente proprietà chimico-fisiche simili.
Meno usati sono altri acceleranti tipo alcol, acetone o alcuni solventi industriali.
Gli acceleranti idrocarburici più comuni sono tutti insolubili in acqua e pertanto non sono facilmente dilavati e allontanati durante lo spegnimento dell’incendio. Tendono a entrare e a rimanere nei pori di alcune superfici e questo impedisce o ritarda l’evaporazione. In alcuni casi sono stati trovati campioni rimasti inalterati per più di tre mesi.
Meno usati sono altri acceleranti tipo alcol, acetone o alcuni solventi industriali. Questi tendono ad essere allontanati dalla scena dell’incendio dall’acqua utilizzata per lo spegnimento; rimangono quindi solo tracce minime che richiedono all’analista procedure particolari.
Data la complessità del problema, l’ASTM ha standardizzato da qualche anno le procedure per il trattamento dei campioni e la loro analisi con metodi molto sofisticati.
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